Io adoro scrivere, ed ho sempre dato molta importanza alle parole. Ritengo che abbiano un grande potere, e debbano quindi essere usate con grande responsabilità (cit. zio Ben). Già: probabilmente appartengo ad una generazione che non si destreggia particolarmente bene nel comunicare a furia di emoticon di faccine o scimmiette… ma tant’è. Le parole sono tanto più importanti, quanto diverso è lo stato d’animo della persona cui sono dirette; e quindi l’impatto conseguente. Di recente, ad esempio, ho dovuto prendere una decisione difficile (direi chirurgica). Ho espresso tutti i miei dubbi ad una persona amica, temendo che questa decisione fosse stata troppo immatura; e questa persona mi ha risposto così:…
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La lezione del Challenger
La cabina di pilotaggio restò integra, ma fuggire sarebbe stato impossibile: i sette membri dell’equipaggio non indossavano tute pressurizzate, e lo Shuttle non disponeva di seggiolini eiettabili. Si può solo sperare che abbiano rapidamente perso conoscenza, prima di schiantarsi in mare a oltre 300 km/h. Ma come mai avvenne tutto questo, la mattina del 28 Gennaio 1986? Apparentemente, la colpa fu di una guarnizione in gomma del tutto simile a quella delle caffettiere moka: un o-ring collocato su un booster (razzo a propellente solido usato nel decollo), necessario a tenere accoppiate le paratie isolanti del booster stesso. La mattina del lancio faceva molto freddo (2.5°C), e durante la notte si scese anche sottozero. Lo Shuttle non aveva mai decollato…