Lavoro

Il metodo Kanban

Ciascuno ha il proprio sistema di organizzazione del lavoro, ma credo che ogni tanto non sia poi così sbagliato metterlo in discussione. Si può sempre migliorare, no?

Io ho usato per diverso tempo il famigerato GTD ossia Getting Things Done, le cui fondamenta sono descritte nel sacro testo di David Allen “Detto, fatto! L’arte di fare bene le cose”.

Si tratta di un ottimo sistema, col difetto però il difetto di essere un po’ cervellotico: la moltitudine di contenitori – digitali o non – finisce per rallentare il sistema; al punto che, per attività semplici, ci si mette quasi più a “gestire” che a “fare”.

Questa (relativa) complessità, inoltre, rende meno agevole avere una visione rapida e d’insieme delle cose da fare: quel tipo di occhiata “a volo di uccello” che spesso vorremmo dare al nostro lavoro, per capire se dobbiamo prendere un’altra pasticca di Maalox o se per oggi basta così.

Da GTD a JIT

Alla ricerca di un metodo più semplice e diretto, mi sono imbattuto in questo interessante articolo che tratta la tecnica del “kanban personale”. Ed ho voluto metterla alla prova.

Il nome riprende quel mitico strumento creato dai giapponesi per la gestione aziendale just in time, e che fa uso di cartellini per segnalare visivamente il contenuto di un dato contenitore da rifornirsi periodicamente. (L’argomento è molto vasto e trascende lo scopo di questo articolo, quindi gli esperti mi perdonino se sono stato eccessivamente sintetico!)

Come funziona?

In modo molto semplice:

  1. Si prende una lavagna magnetica o di sughero;
  2. La si divide in tre sezioni;
  3. Si da’ il seguente nome alle tre sezioni: “Backlog”, “Doing”, “Done” (oppure in italiano: “Da fare”, “In corso”, “Fatte”);
  4. Si usa un foglietto colorato (tipo post-it o ciò che si vuole) per identificare un’attività;
  5. Il foglietto viene spostato da sinistra verso destra, man mano che l’attività passa dal “polmone” delle cose da fare (“Backlog”), alla situazione di in process (“Doing”), e infine alla colonna di quanto è stato fatto (“Done”).

Va da sé che i cartellini possono avere colori diversi per indicare la priorità, o l’ambito, o qualsivoglia caratterizzazione.

Tutto qui!

Anzi… no:

Limitare il WIP

L’unico altro presupposto del sistema kanban personale, è limitare il WIP (work in progress), cioè decidere una soglia di cartellini che possono coesistere nella colonna centrale, quella del “Da fare”.

Ad esempio: massimo 5 cartellini contemporaneamente.

Questo, sia per non affollare la colonna stessa, sia (ovviamente) per non incorrere nell’esaurimento conseguente l’aver preso troppi impegni tutti insieme.

Vantaggi

Ho messo alla prova questo sistema da circa un mese, con grande soddisfazione.

In particolare, ho identificato due vantaggi immediati:

  1. L’esperienza visuale è impagabile: basta un’occhiata, qualche parola scritta, o poche mosse, e lo stato dell’arte è perfettamente stabilito.
  2. Il fatto di avere sempre sotto occhio il “polmone” (e il WIP) agisce da stimolo per evitare che le attività restino lì dentro oltre il necessario.

Esistono ottimi applicativi per gestire informaticamente questi tipi di sistemi: ad esempio, Trello.

L’eredità del GTD

Del sistema di David Allen, ho mantenuto solamente due “sezioni”:

  • “Attesa risposta”, per quelle attività che ho delegato o per le quali sono in attesa di conferma da un esterno;
  • “Prima o poi”, per quelle attività che al momento non sono in realizzazione ma un domani chissà.

Delle prime mantengo anche un elenco in modo da avere un quadro rapido di insieme. Si tratta di un semplice foglio Excel che di volta in volta aggiorno, stampo, e ripongo in cima alla vaschetta.

So far, so good

Non posso dire di aver trovato il mio sistema ideale: sarà il tempo a certificarlo.

Per ora, però, mi trovo decisamente soddisfatto.

NB – A titolo di cronaca, il sistema risulta descritto nel libro “Personal kanban: mapping world, navigating life” di Tonianne DeMaria Barry.

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