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Recensione: “C’è voluto un cancro” di Alice Spiga

Scrivere è una terapia straordinaria: aiuta a buttare fuori emozioni, dubbi, paure e a lasciarle lì, a infestare la carta invece della vita. (Tratto dal libro)

Mi sono imbattuto in questo libro perché conosco l’autrice ed il suo blog.

Alice è una persona “divorata dal demone della scrittura” come me, nonché estremamente gradevole anche nella vita reale – anche se ci siamo un po’ persi di vista, ma approfitterò di questa recensione per riprendere i contatti.

Il libro è scritto magnificamente bene, e questo va detto.

Ma non è la sua caratteristica principale (cioè quella che ti coinvolge e ti fa riflettere).

La cosa che subito mi viene in mente pensando a questo libro, è: coraggio.

A cominciare dal titolo… perché Alice utilizza un termine (“cancro” ovviamente) che è una sorta di tabù; una di quelle polveri da mettere sotto al tappeto, ed anche uno spauracchio per quelli come me che soffrono di patofobia.

Spauracchio che, quando si concretizza, fa una paura fottuta.

Ma diventa anche un’opportunità.

«Non è straordinario, Alice, avere finalmente una buona motivazione per mettersi al primo posto, prima di tutto e di tutti?» (Tratto dal libro)

Si tratta di un libro terribilmente coraggioso anche nel suo sviluppo. E merita di essere letto bene.

Proprio perché è scritto benissimo, infatti, “C’è voluto un cancro” si divorerebbe velocemente. Io invece ho voluto centellinarlo… un po’ come si fa con i vini pregiati o le cose che devono essere metabolizzate pian piano. Quindi ho letto solo una quindicina di pagina ogni sera, a letto, nel mio “bozzolo” (le coperte calde, mia moglie che dormiva tranquilla alla mia sinistra, la nostra bretoncina che faceva altrettanto sulla mia destra) e cercando di immedesimarmi nel personaggio e nelle sue sensazioni. E non è stato difficile… perché la trasparenza di Alice è totale, si mette a nudo come mai io sarei in grado di fare.

Però è un’operazione che si può fare solo a piccole dosi, appunto, un po’ alla volta ogni sera… cercando di assorbire e metabolizzare e soprattutto imparare. Quindi, rispetto ai miei standard (io leggo con grande velocità), ci ho messo un po’ a finirlo.

Ma questo libro merita un rispetto tale, che ho ritenuto fosse la maniera migliore per rendergli omaggio.

Ne ho tratte due lezioni; forse ovvie, ma per nulla banali:

  1. “Life is what happens when you’re making other plans”, come diceva quello. Lo sappiamo: l’unica cosa permanente, è l’impermanenza. Può cambiare tutto, dall’oggi al domani. E non riguarda solo necessariamente la malattia: puoi perdere un compagno/a, perdere il lavoro, perdere un parente a te caro, innamorarti della persona sbagliata… insomma, può capitarti di tutto. A questo, in effetti, m’è servito l’esercizio del “bozzolo”: una sorta di memento mori serale.
  2. La dfferenza è data non tanto dal problema che ti si presenta, ma dal modo con cui lo affronti. L’esempio di Alice è davvero paradigmatico: lei si è concentrata in primis su se stessa, volendosi bene e prendendosi cura di sé. Affrontando un oceano di dolore, certo; ma navigandolo, avendo come stella polare proprio la sua persona. Il che, si badi, non è un atteggiamento egoista. Come dicono le istruzioni di sicurezza sugli aerei: prima metti la mascherina tu, e poi aiuta gli altri a fare lo stesso.

A volte, è davvero necessario smettere di guardare il dito, e fissare la Luna. E di solito non succede mai mentre siamo nella nostra zona di conforto.

Metti te stessa davanti a tutto il resto e non aspettare: chiediti che cosa ti rende felice e fallo. Domani non esiste, ieri non esiste. Esiste solo oggi. (Tratto dal libro)

Non meno importante di tutto questo, comunque, è anche il contesto della storia.

Perché Alice – anche qui con ammirabile trasparenza – scava nel suo passato e nelle sue paure, e fa capire al lettore come la consapevolezza (il punto numero 1) e l’approccio (il punto numero 2) spesso derivino anche dalle esperienze del passato, che ci hanno sì provato, ma anche fortificato.

Non può mancare, ovviamente, una menzione ai personaggi. Perché sicuramente Alice ha avuto il supporto necessario per affrontare questo tsunami che le è arrivato addosso; e tale supporto fa tutta la differenza. A cominciare dal compagno… che ha affrontato la vicenda col medesimo coraggio, e non le ha mai lasciato la mano: “Together we stand, divided we fall”.

Ha capito che ero dentro un buco nero, che stavo lottando con le unghie e con i denti per uscirne, e ha fatto l’unica cosa di cui avevo bisogno: è rimasto. (Tratto dal libro)

Ultimo ma non ultimo aspetto, il libro è anche una miniera di suggerimenti pratici. Che si spera, naturalmente, di non dover mai seguire; ma che sono sicuramente preziosissimi, perché derivano dall’esperienza di chi, da questo tsunami, ha dovuto emergere.

“C’è voluto un cancro” mi rimarrà dentro un bel po’.

E mi riprometto di rileggerlo, quando la quotidianità comincerà a prendere il sopravvento e mi farà credere che “va tutto bene”. Perché, no: non potrà mai andare tutto bene! Ma in noi esiste l’energia per superare qualunque difficoltà, se solo le permettiamo di uscire e svilupparsi.

C’è una cosa che ho imparato da questa esperienza: gioire di ogni traguardo, di ogni risultato, di ogni singolo momento. (Tratto dal libro)

Libro consigliato?

Libro consigliatissimo.

(Riporto nuovamente anche il link al blog di Alice, anche questo consigliatissimo: https://alicespigablog.wordpress.com/)

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