Il famigerato referendum sul nucleare in Italia si tenne nel Novembre 1987, un anno e mezzo dopo il disastro di Chernobyl. All’epoca avevo 17 anni, e quindi non potei andare a votare; ma non escludo che, sull’onda emotiva che stringeva il paese in una morsa, anche io avrei votato per il sì (e quindi per il taglio di molte sovvenzioni/agevolazioni che finirono, unitamente alla predetta sfiducia, per cancellare questa tecnologia dall’orizzonte nostrano).
Col senno di poi, però, quella scelta – di 35 anni abbondanti fa – non sembra essere stata così lungimirante.
Chi è andato avanti col nucleare (la Francia), ha finito per collocare impanti dietro casa nostra, ed avere una certa indipendenza. Noi abbiamo continuato a bruciare dinosauri morti, e sognare sulle rinnovabili – peraltro acquistando anche energia prodotta con quegli stessi impianti oltre confine.
Già, le rinnovabili: pulite, e soprattutto non pericolose!
Forse.
Come se tutti avessero già dimenticato i 1917 morti del Vajont… Ma è un caso sporadico – si potrebbe dire – frutto di ingerenze umane verso la natura, fretta, interessi di bottega, e menefreghismo verso il bene pubblico!
Beh: chiunque abbia visto la bellissima serie HBO su Chernobyl – una delle migliori del decennio – avrà capito come le ingerenze umane verso la natura, la fretta, gli interessi di bottega, ed il menefreghismo verso il bene pubblico, furono identiche cause di quel disastro.
Si dirà: ma i morti di Chernobyl sono stati molti di più. Però non credo sia una questione contabile, quanto di rischio.
Quale attività comporta più rischi (inteso come prodotto di probabilità dell’evento per gravità)? Siamo poi così sicuri che una centrale nucleare rappresenti un rischio maggiore, rispetto alle mille attività giornaliere che siamo in qualche modo costretti ad effettuare e portiamo avanti senza alcun timore?
Ad esempio, viaggiare in aereo: non ho i numeri sotto mano, però ne prendo diversi all’anno, e probabilmente dovrei preoccuparmi di più.
Sta di fatto che non vedo nessuno protestare e chiedere l’abolizione del trasporto aereo.
But now we have a new kid in town: l’Idrogeno! Che crea tanto hype (come dicono i giovani) e interesse: l’energia del futuro, non genera emissioni, è anch’essa pulita e sicur… mah, non ne sarei così tanto certo.
L’Idrogeno, signori miei, è una brutta bestia; quando penso a “lui”, a me viene in mente lo Zeppelin “Hindenburg”: un “coso” lungo 250 metri e largo 40, polverizzato in meno di un minuto per via di una scintilla. Le immagini storiche, le abbiamo negli occhi tutti. Ed anche in quel caso, l’idrogeno non era il “piano A” – nel senso che originariamente le celle dovevano essere riempite con Elio, ma il contingentamento costrinse la Germania ad optare per l’idrogeno. Pessima scelta.
E quindi che si fa?, si continua la dipendenza dal gas e la devastazione termica del pianeta?
Sinceramente, non ho la soluzione semplice in tasca, né credo esista.
Quello che penso, però, è che determinati argomenti dovrebbero essere supportati più da considerazioni oggettive e scientifiche, che da ragionamenti di pancia o peggio politici.
Vogliamo fare un ragionamento serio?, allora facciamolo sul rischio… e non sull’albero che cade e che fa più rumore della foresta che cresce (giusto per citare una metafora green).