Io e la norma ISO 9001 ci siamo un po’ persi di vista, perché ho molto più spesso a che fare con la “cugina medicale” ISO 13485. La 9001 però contiene un concetto che apprezzo molto e che ritengo spesso sottovalutato: quello di “opportunità” in affiancamento al “rischio”.
Non so perché, ma l’essere umano tende a vedere più i secondi che le prime.
Facendo il mestiere che faccio, ad esempio, è inevitabile incorrere nelle lamentele delle aziende su quanto sia complicato e costoso adeguarsi al Regolamento 2017/745.
Non adeguamento, ma cambiamento
Certo, è innegabile che l’asticella dei requisiti si sia alzata (anche per colpa dei tanti scandali visti sotto MDD), e con esso anche il tassametro degli Enti Notificati (non pensate che ottenere la notifica MDR sia uno scherzo: richiede esborsi e risorse notevoli) e quindi i costi.
Anche perché il Regolamento 2017/745 non è una “nuova release” della Direttiva 93/42, ma proprio un’altra cosa: non siamo di fronte ad una “transizione” (come quando proprio la ISO 9001 cambia di edizione in edizione), ma ad un drastico “cambio di legislazione”.
Sento molte aziende dire: “ma il prodotto è sempre quello!”.
Certo che lo è.
Però pure il tornio è sempre quello… eppure i requisiti di sicurezza per poterlo usare sono drasticamente cambiati negli ultimi decenni… sulla base degli incidenti, del progresso, dei feedback dagli utilizzatori, di altre e correlate legislazioni che sono cambiate, e quant’altro – o, in generale, sulla base del mondo che cambia di continuo.
Pure l’homo sapiens è lo stesso da settantamila anni! Eppure, quante cose sono cambiate intorno a noi? E quanto abbiamo dovuto cambiare anche noi, per adeguarci ad esse?
When the going gets tough…
Ciò che comunque (ed a parer mio) tante aziende non colgono, è proprio l’opportunità insita in questa situazione di cambiamento.
Chi rinuncia, lascia una fetta di mercato a beneficio di chi resta.
Come dice quel motto: quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare.
“Eh ma i costi sono insostenibili”.
Siamo sicuri? A volte, le aziende buttano dalla finestra quantità considerevoli di soldi per cose molto meno importanti della certificazione di prodotto. Ho conosciuto un’azienda che spendeva 30mila euro all’anno per il “contratto di manutenzione” del software gestionale… Cosa che, di certo, non contribuiva a migliorare la sicurezza e le prestazioni del dispositivo!
Qualora poi – per risparmiare sui costi di certificazione – una application MDR fosse anche l’occasione per fare un po’ di pulizia nel proprio portfolio prodotti e stralciare quelli che si vendono poco e niente, cosa c’è di male?
La barca è sempre quella
“Facile, per te, parlare! Tu stai dall’altra parte, e lavori per un Ente Notificato – mica per una azienda!”.
Ma ripeto: anche gli Enti sono stati messi di fronte alla medesima scelta.
Siamo aziende private pure noi… mica organi statali o Onlus.
Diversi Enti hanno rinunciato. Diversi invece (ad oggi trenta) hanno invece deciso di investire; prendendosi certo i rischi, ma anche le opportunità.
Che poi sia più facile (specie per noi italiani) lamentarsi dei primi anziché vedere le seconde, beh, è una vecchia storia… Che esiste da ben prima di MDR.
La polvere sotto al tappeto
Da ultimo, occorre menzionare un atteggiamento ancora più pericoloso della lamentela, che è quello di non curarsi affatto del problema: “Siccome il mio certificato scade a Maggio 2024, ossia tra due anni, mi porrò la questione allora”.
Ecco: mettere la polvere sotto al tappeto, è un grave errore.
Proprio perché gli Enti sono molti meno rispetto a prima (come scritto, in tanti hanno rinunciato), i tempi si sono decisamente allungati.
Se il vostro certificato scade a Maggio 2024 e ancora non vi siete posti il problema, è il momento di farlo… ma non domani o tra un mese, bensì oggi!
Il rischio, ovvio, è quello di trovarsi scoperti... perché non ci saranno proroghe: la Direttiva 93/42 è morta (viva la Direttiva!), e si può solo guardare avanti.
Oppure, abbandonare il tavolo da gioco.